Se da una parte il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti continua la sua lotta solitaria per una riforma del sistema finanziario internazionale (gli ultimi interventi di giugno sono quello di Lecce durante il G8 e quello durante una conferenza dell'Aspen Institute), una Nuova Bretton Woods ispirata al supremo principio della sovraordinazione della legge e della politica all'arbitrio della finanza, così come richiesto dal suo ideatore, l'economista americano Lyndon LaRouche e come recentemente riaffermato da Benedetto XVI, dall'altra parte le reti liberiste continuano a giocare la loro partita sporca. Queste ultime da un lato chiedono interventi pubblici in aiuto delle banche e delle multinazionali, ma dall'altro pretendono che i settori ancora non liberalizzati siano aperti di modo da poterli fagocitare attraverso processi oligopolistici e di finanziarizzazione.
Forti della apparente stabilizzazione finanziaria avutasi grazie alla decisione presa durante il G20 da parte dei Governi, di rifinanziare i titoli tossici con i soldi dei contribuenti, queste reti, senza alcun pudore provano a mettere alle corde il Governo Berlusconi ed in particolare Giulio Tremonti. E non è un caso che da più parti si cominci a parlare di una sostituzione di Silvio Berlusconi con Mario Draghi o di Giulio Tremonti con Corrado Passera. Se i governanti non ubbidiscono ai banchieri, ecco che i banchieri si sostituiscono a loro!
Ed il processo di “privatizzazione del mondo”, come lo definì Jean Ziegler anni fa, passa per le liberalizzazioni, che se in una primissima fase paiono far tutt'uno con il merito, dopo poco sono funzionali alla creazione di nuovi oligopoli.
Durante l'Assemblea di Confindustria del 21 maggio, la presidente Marcegaglia ha affermato:
“C’è una parola che nel dibattito della politica economica in Italia è sparita: liberalizzazioni. È urgente riprendere il cammino interrotto delle liberalizzazioni nei trasporti, nelle comunicazioni, nell’energia, nelle professioni e soprattutto nelle società pubbliche a livello locale, dove stiamo assistendo all’avanzata impressionante del neostatalismo.”Questo Governo, in effetti, ha avuto finora il grande merito dell'aver messo al bando la campagna demagogica per le liberalizzazioni (della cui bontà storica mai nessuno riesce ad offrire un precedente a cui rifarsi), la cui precipua funzione è quella di trasferire fette di mercato ad una ristretta oligarchia finanziaria, senza che da ciò derivi alcun vantaggio per il sistema produttivo, per i lavoratori, per i cittadini.
Di fatto, non si tratterebbe altro che della fase 2 della oramai nota Operazione Britannia che prese avvio nel 1992 e che sotto il ministero Bersani, durante la scorsa legislatura, era ripartita.
Col pretesto della crisi finanziaria e di un'economia da rilanciare, la principale associazione imprenditoriale italiana, tenta di rimettere al centro del dibattito politico il tema delle liberalizzazioni, di modo da poter conquistare nuovi asset nel mercato italiano. E Mario Draghi gli fa da cassa di risonanza. E' da ricordare allora un recente dato fornito dalla Fondazione Mattei che precisa che l'ammontare del ricavato di tutte le privatizzazioni mondiali dal 1970 ad oggi (1500 miliardi di dollari), nel solo ultimo anno di crac finanziario, è stato superato per oltre 4 volte dai salvataggi pubblici, tanto è strutturalmente debole il processo che esse mettono in moto. E allora ha ragione il ministro Tremonti quando dice che i banchieri non possono farsi le regole da soli!
“La testa di ponte te la creo con il taxi!”
Al primo punto delle liberalizzazioni da affrontare – riecheggiando così la celebre quanto infame guerra dei liberisti – Confindustria pone i trasporti, con inevitabile riferimento ai taxi. Di fatti questo è il settore dove la resistenza alle politiche liberiste potrebbe essere più tenue, in quanto trattasi di un settore caratterizzato dalla presenza di piccoli imprenditori invece che di potenti apparati. Nonostante il fallimento di tutte le riforme liberiste in questo settore – tra le ultime, quella irlandese e quella giapponese sono le più eclatanti – si continua a richiedere insistentemente, strumentalizzando con demagogia e falsità l'istanza del risparmio per gli utenti, l'intervento della dea meretrice delle liberalizzazioni, anche se il settore dei taxi, oggi più di prima, – a distanza di neanche un anno dal “gigantesco” problema che col Governo Prodi sembrava rappresentare per gli Italiani! – sia caratterizzato da una iperpresenza di auto bianche presso stazioni, aeroporti e posteggi, con un calo medio del lavoro tra il 30% ed il 40% e un generalizzato aumento di spesa per l’utente finale vittima delle degenerazioni provocate dall'eccesso di concorrenza sopravvenuto.
La battaglia contro i tassisti italiani, come asserito su più testate giornalistiche, se vinta, rappresenterebbe l'elemento catalizzatore per il più ampio processo di ulteriore impossessamento da parte dei soliti noti, che segnerebbe l'ultima tappa della grande guerra avviata dall'oligarchia finanziaria nel 1992 contro l'economia italiana, accelerandone il processo di disintegrazione.
Sono due i fronti su cui le oligarchie lavorano per mettere al tappeto i piccoli imprenditori del settore taxi. Da un lato, grazie alla collaborazione delle amministrazioni locali amiche, si fa sì che la legge quadro 21/92 non venga applicata nei confronti dei noleggi con conducente (n.c.c.) irregolari, laddove essa, ispirata al principio di territorialità, prevede che gli n.c.c. debbano sostare nella propria autorimessa con sede nel comune autorizzante (art. 3) invece che in piazze o strade prossime agli alberghi dei centri più importanti, e che l'inizio del servizio debba cominciare con partenza dal territorio che ha rilasciato l'autorizzazione (art. 11); dall'altro lato si sta agendo sul fronte fiscale.
A Firenze per esempio – che è una delle città d'avanguardia del tassismo italiano – si sta attuando una vera e propria opera di persecuzione fiscale, con accertamenti a tappeto. Nonostante le dichiarazioni fiscali dei tassisti risultino quasi sempre congrue e coerenti, l'agenzia delle entrate sanziona sistematicamente questi contribuenti, superando ogni logica possibilità di redditività aziendale. Dall'attività accertante, per esempio risulterebbero ritorni di oltre 2 euro per ogni km effettuato per l'anno fiscale 2005, facendo così risultare il chilometraggio complessivo sempre a vettura carica (con sopra il cliente cioè) e senza alcuna destinazione ad uso privato del mezzo. Il chilometraggio medio per corsa, secondo l'agenzia sarebbe di 3,2 km, comportando così un quantitativo corse nell'arco della giornata quanto meno improbabile, senza considerare appunto il ritorno a vuoto al posteggio, ed ipotizzandosi come sistematico, invece, quello che in gergo si chiama il “rimpallo” (l'acquisizione di una nuova corsa dal punto presso cui si è lasciato l'utente dell'ultima corsa effettuata). Gli accertamenti poi prevedono che circa i 2/3 delle corse effettuate sarebbero acquisite tramite radio (il che comporta il sovrapprezzo della chiamata) e con il supplemento bagaglio.
Vista la velocità con cui sta procedendo agli accertamenti l'agenzia, e vista l'entità degli imponibili determinati, questo genere di vera e propria persecuzione fiscale risulta essere funzionale alla distruzione di un intero settore. A tali ritmi, nel giro di un quinquennio saranno i tassisti stessi a richiedere l'entrata di grossi players nel settore (oggi vietata dalla legge), a cui poter “regalare” le proprie licenze. Così anche in questo settore, come già per esempio avvenuto nel commercio, alla attuale iperatomizzazione dove fanno da protagonisti il piccolo imprenditore artigiano e la mutualità cooperativistica, si verrebbe a sostituire un oligopolio tutto centrato su società di capitali che sfruttano il lavoro a basso costo, fanno cartello sui prezzi, producono un servizio inefficiente.
Ma l'assedio che viene avanzato contro questa categoria di lavoratori, non ha rilevanza fine a sé stessa, ma viene a rappresentare il grilletto grazie a cui avviare con effetto domino, la liberalizzazione di tutti i servizi pubblici locali, di modo da consentire a banche e grossi imprenditori di potersi impossessare di interi settori, come fatto durante gli anni '90 con le redditizie banche ed assicurazioni pubbliche, con l'industria siderurgica, energetica, telefonica, con le autostrade, senza che si sia assistito negli anni ad alcun miglioramento di quei settori industriali, quanto piuttosto alla loro finanziarizzazione a tutto discapito della qualità del prodotto o servizio erogato, delle condizioni di lavoro dei collaboratori, e del costo di fruizione finale per gli utenti.
E' in atto allora una vera e propria guerra tra chi vuol riportare il mondo verso l'idea delle Repubbliche sovrane centrate su produzione e lavoro al fine del miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini, e chi invece porta avanti il proprio grande gioco del “Monopoli” oligarchico dove la speculazione finanziaria possa crescere sfruttando gli asset dell'economia reale che un branco di “sudditi” deve tenere in piedi in un'ottica di progressiva austerità.
Claudio Giudici
Uritaxi - Firenze
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